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 APULIA

 

 

 

 

 

Quando arriviamo sulla costa c’è luce calda radente, il mare è un lembo di infinito che vorrebbe mangiare la roccia, e si increspa sui margini costieri. Radura incolta  e selvaggia inondata dall’oro, la vedo avvicinarsi nella mia visuale la masseria fortificata che da sempre colpisce la mia fantasia, e mi ci incammino da sola a piedi per un sentiero sterrato in un passeggiare lento, attenta al suono del mio passo sul terreno irregolare. Arrivo nel mio silenzio e un cartello alieno mi avverte del pericolo crolli, io sono spaventata dalla mia solitudine come se mi avesse smossa un ardore di conoscenza proibita, e sobbalzo ad ogni piccolo movimento, delle lucertole e dello scatto improvviso del volo degli uccelli qui rifugiati, e mi batte forte il cuore come in una piccola avventura da ragazzini. Ma rimango nel confine del mio rispetto e guardo la torre bruciare nel colore intenso al tramonto della pietra leccese, accarezzo con lo sguardo i gradini salire e le voci nella mia testa di mondi scomparsi.

 

 

 

 

   

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     

 

 

 

 

 

 

Grotta Zinzulusa (Lecce)

 

 

       

  costa a sud di Otranto (torre del serpe)   

 

 

Otranto (Lecce)

 

 

Otranto (Lecce)

 

Al pari con un elemento aggregante,

io divento niente.

Non rischierei di parlare del vuoto,

ma di compra-vendita della mente.

 

 

Otranto (Lecce)

 

 

 

           

Otranto (Lecce)

 

La pelle chiede pietà, bruciante in colori innaturali.

In fuga qui in patria sole. E in questo estremo lembo di terra che si getta ad oriente, cerco rifugio, aggrappandomi a desertiche aspirazioni come unici percorsi possibili. Mi ha resa sterile l’incapacità di attendere. E avrei dovuto sapere che questa insofferenza che mi rincorre, è figlia della rabbia che si cela in fondo al cuore. E fa male ogni cosa, come la sabbia che trabocca dalle orecchie, e le notti stellate senza desideri… e la voglia di un pianto, liberatorio, perché questa solitudine ricercata ha bisogno del suo momento di tragicità.

 

Mi asciugo la testa con lentezza, e riversa sul letto come sfinge, punto lo sguardo cieco alla luce filtrata e sento il mare e la sua voce. Abbandono il capo sul bordo e immagino l’infinità di colori che accompagna lo srotolarsi morbido dell’enigmatica campagna salentina fino al mare. Colori di terra che pulsa, e nel mezzo gli affioramenti della rossa bauxite come viscere sottratte al corpo e riverse nello splendore della luce che le rende vive… una fossa, una forza, che risucchia nel centro esatto del cuore della terra.

 

Il suono composito della cittadella turrita, si confonde con le ombre che si rincorrono sul soffitto, in questa stanza, su questo letto, a tessere pensieri origami, dove il tempo non ha necessità di scorrere, e una cadenza malinconica ricorda che non c’è più nulla, nessuna promessa, nessuna frivolezza.

Come fare a spiegare che c’è un vuoto che non può essere colmato, perché non lo vuole e ne si contenta?

Chiedi. Chiedi perché la meschinità nella sua pochezza colpisce indifferente il più fragile, perché si nutre di ingenua debolezza, perché divora i sospiri... e non avrai risposta, perché non esiste logico pensiero, se non una barbarica superficialità.

Non c’è più un solo desiderio che possa diventare reale, ho solo questa sventura che rattrista l’aria tutta intera. E una sola certezza: il tradimento peggiore è elargire illusioni, e l’illusione peggiore è credere d’essere immuni al dolore.

 

Tiro su le gambe in verticale, graffi ormai impercettibili provocati da solitari rovi nell’alta erba selvatica dei campi, in ascesa, martirio salvifico in onore dell’uomo che non c’è più, fino ad arrivare alla Torre del Serpe in secolare contemplazione dell’invasore, e poi una discesa rapida e ripida verso la costa tormentata dal mare, che dolcemente mi riporta alla Porta d’Oriente. Cielo cupo e all’orizzonte il profilo d’Albania, chiaro come mai, sembra un’isola che evoca misteri, un’isola da raggiungere.

Ripenso e rivivo, e mi dico che non sono fatta per sostare, ma per rimanere, ho bisogno di guardare. Guardare un mare agitato con onde semidivine da affrontare. Guardare il vento che taglia pietre. E facce.

Questa storia dei legami non funziona più, nemmeno quelli ideali hanno un senso. Si è rotto un delicato equilibrio, in me, nel mondo, e si erge a simbolo la forza della natura, dell’urto, che travolge la piccolezza dell’uomo, che vanifica il suo sforzo. In qualche modo, mi piace pensarlo e desiderarlo, la purezza vince sempre, e brilla nei miei occhi l’idea di un mondo senza uomini.

Mi convinco che sia la fine di tutto, che siamo ai confini tra il mondo civile e quello del sopravvivere… e ho il vago ricordo delle sensazioni vissute, che si cancelleranno da sole, sostituite da chissà quali altre disavventure. Incredibilmente, il tempo è volato così in fretta, che non è possibile distinguere tra quello che è accaduto e quello che ho desiderato. Perché forse era desiderio che accadesse, ed ancora adesso faccio fatica ad entrare nel reale, e mi confondo, e mi confonde. La verità è nel mezzo, ma non conosce mezze misure!

 

Le parole che si fermano in gola, sono frutto di un pensiero congelato e mal riposto.

Mi tiro su, busto dondolante al centro del letto, come mossa da un pensiero da catturare, e volgo il capo verso l’immagine di un nuovo sogno che tento di stringere tra le dita, che mi rimanda agli occhi suoi belli. E che belli erano i nostri sguardi, il mio intimorito, ed il suo indagatore.

Leggero leggero, dentro di me, lo sento scavare, appropriazione desiderata. Ci capivamo appena, ci desideravamo senza parlare, eppure in quei cenni c’era tutto il nostro mondo, il mio ed il suo silenzio.

Una carezza sul mio capo per aiutarmi a sognare. Ma quanta amara ricchezza ho accumulato nel dolore. E tutto il bene, lo conserverò con tutto il male che porta con se il ricordo.

E nell’incanto dipinto nei miei occhi. Perché me ne starei qui, distesa e moribonda, su questo letto blu ad aspettare un uomo che interpretava per me, in modo fasullo ma convincente, lo spettacolo dell’amore idilliaco!

 

Casco, pesante, sulle lenzuola sfatte, e penso al mare agitato e ad un telefono che suona. Guardo il soffitto rivestito dai decori dei miei pensieri, e immagino il percorso della mia mano che scende giù tra le gambe aperte. Lo sfavillio di un caldo bruciante ed assetato, che saziato il suo desiderio lascia il posto a cristalli gelidi.

 

(Solo questo pensiero vorrei che t’arrivasse, e vorrei che t’arrivasse carico di quest’aria che s’assottiglia: da quando sei andato via, ancora una volta e nel solito modo offensivo, faccio l’amore con il fantasma di te ogni singolo giorno.)

 

Rimango intorpidita dal godimento e dalla tristezza che arriva rapida a gonfiarmi gli occhi di lacrime che non cadranno. Allungo un braccio nel blu delle lenzuola, e aspetto. Aspetterò  quando come sipario calato arriverà la sera, e la luce che scomparirà lenta all’orizzonte porterà quiete, placherà i tormenti, e più dolce sarà abbandonarsi alla malinconia… s’accenderanno fiammelle lontane, e bruceranno negli occhi velenose speranze. E chiudendo gli occhi appesantiti dal sonno immaginerò il leggendario serpente marino che cauto salirà lungo la pietra per bere l’olio nella lanterna della torre. E mi farò cullare dai sogni e dai tormenti di quello che mai sarà… e ancora, attenderò l’arrivo di un nuovo giorno e una nuova rotta verso castelli federiciani svettanti come cime irraggiungibili di perfezione, o quelli aragonesi di bionda pietra… ricordi che non saranno mai nostri ma solo miei… e ripenso con turbamento al Forte a Mare brindisino, disperso come relitto di nave, che grida il suo dolore abbandonato su di uno sfondo di brillante cobalto, triste nel logorio del tempo che passa e ne mangia la consistenza, silenziosamente, nel vento. E trova li la sua dimora, lo spettro della mia anima triste, che si confonderà con l’inquietudine di quel luogo vittima anch’esso dell’indifferenza.

 

Si alza il vento, e con esso la speranza.

Gli innamorati che si baciano sulla spiaggia mi fanno soffrire. Colpa del malamore. E di questo letto mezzo vuoto che si disattende.  

 

 

      

Otranto (Lecce)

 

 

           

Otranto (Lecce)

 

 

           

Otranto (Lecce)

 

 

     

San Pietro-Otranto (Lecce)

 

 

     

San Pietro-Otranto (Lecce)

 

 

Cattedrale-Otranto (Lecce)

 

 

 

  

Otranto (Lecce)

 

 

  

Otranto (Lecce)

 

 

  

     Cava di bauxite-Otranto (Lecce)   

 

 

     Ipogeo di Torre Pinta (Lecce) 

  

 

 

  

     Quercia vallonea-Tricase (Lecce)   

 

 

     

       Castello di Acaya (Lecce)

 

 

    

    Gallipoli (Lecce)

 

 

    

    Gallipoli (Lecce)

 

 

    

    Gallipoli (Lecce)

 

 

    

    Gallipoli (Lecce)

 

 

  

   Cavallino (Lecce)  

 

 

  

   Cavallino (Lecce)  

 

 

menhir S. Paolo

 

 

   S. Maria della croce-Casaranello (Lecce)

 

 

   S. Maria della croce-Casaranello (Lecce)

 

 

   S. Maria della croce-Casaranello (Lecce)

 

 

          

      Soleto (Lecce)  

 

 

       

      Soleto (Lecce)  

 

 

Ipogeo di S. Cristina-Carpignano Salentino (Lecce)

 

 

 

 

   Corigliano d'Otranto (Lecce)

 

 

 

 

    

    Lecce

 

 

    

    Lecce

 

 

 TermTermine della via Appia-Brindisi

 

 

 Brindisi

 

 

 

 San Giovanni al Sepolcro-Brindisi

 

 

 

 San Giovanni al Sepolcro-Brindisi

 

 

 

 San Giovanni al Sepolcro-Brindisi

  

 

 

 

 San Giovanni al Sepolcro-Brindisi

 

 

 

 San Benedetto-Brindisi

 

 

 

 Museo Ribezzo-Brindisi

 

 

 

  

 Forte a mare-Brindisi      

 

 

  

 Forte a mare-Brindisi      

 

 

 Forte a mare-Brindisi      

 

 

S. Maria di Cerrate (Brindisi)   

 

 

 

 

      

 Ostuni (Brindisi) 

 

 

 Tempietto di Seppannibale-Fasano (Brindisi)

a

 

 

 

Parco rupestre Lama D'Antico-Fasano (Brindisi))

     

 

 

Castello-Oria (Brindisi))

 

 

 

 Cripta Arciconfraternita della morte-Oria (Brindisi))

 

 

 

     Castello di Gioia del Colle (Bari)  

 

 

 

           

     Torre imperatrice-castello di Gioia del Colle (Bari)  

 

 

     Castello di Gioia del Colle (Bari)  

 

 

 

   Bari

 

 

 Castello-Bari

 

 

 

 Castello-Bari

           

            

 

 

 

 San Nicola-Bari

 

 

 

 San Nicola-Bari

 

 

 

Cripta San Nicola-Bari

 

 

 

 San Sabino cattedrale-Bari

 

 

 

Santa Maria Assunta-Ruvo (Bari)

 

 

 

Santa Maria Assunta-Ruvo (Bari)

 

 

 

San Valentino-Bitonto (Bari)

  

 

 

 

San Valentino-Bitonto (Bari)

 

 

 

         

Polignano a mare (Bari)

 

 

 

Polignano a mare (Bari)

 

 

Polignano a mare (Bari)

 

 

         

   Duomo-Molfetta (Bari)      

 

 

         

   Duomo-Molfetta (Bari)

 

 

         

   Duomo-Molfetta (Bari)

 

 

         

   Duomo-Molfetta (Bari)

 

 

   

   Duomo-Molfetta (Bari)

 

 

      

    Altamura (Bari)  

 

 

       

    Altamura (Bari)  

 

 

       Castel del monte (Andria)

 

 

 

  

 Trani      

 

I sogni si infrangono su di una cittadina aggrappata elegantemente al suo colle, isolata dal resto del mondo dalla campagna arcaica. Il sole fortissimo del primo pomeriggio, la rende vuota e piena di vita nello stesso bruciante istante. Il mio ricercare insegue spettri d’altri tempi, creando un morboso desiderio di cose apparentemente inanimate.

Come anime sospinte a mezz’aria, a ricercare quiete innaturale, attraverso stretti scorci che rimandano ad ampi pensieri, e quasi si nasconde e fugge dalle cattive intenzioni, questo gioco di pietre incastrate.

Anche se, immagine del mio desiderio, cammini stretto al mio fianco, lo so che poco comprendi il desiderio della pietra asciutta e svettante. E come biasimarti, se anch’io mi stupisco della febbre che mi assale. Lasciarsi divorare dai suoi gioielli mistici di romanicità, che si presentano nello strappo, attimo rubato da angolo di strada.

Fossero tutte così belle le piazze vuote, fossero tutte così semplicemente austere le basiliche, le colleggiate, le pievi...

Di nuda pietra mi vestirei anch’io, per cantare le mie lodi a quello spirito alto ed immaginario, e per dedicare a te, fantasma del mio dolore, questo canto di un amore che muore.

La luce inonda completamente le nostre figure, mentre taglia il profilo della signora in pietra, solenne come una fortezza. Il colore dona benessere, e la sensazione d’essere gli unici due sopravvissuti, arrampicati quasi all’ascesa di gradini consumati dalla devozione e dalla curiosità.

Mi inginocchio, creatura scolpita da mano divina, e mi perdo nel cercare un filo conduttore nel magistrale ricamo della “bibbia dei poveri”, fatto di colonne tortili, archivolti decorati, volute, giragli vegetali, decori floreali stilizzati, geometrie, ruote celesti, piedistalli dai quali si ergono protomi leonine, figure fitozoomorfiche, i miei sorrisi, le mie illusioni… e le tue mani nervose che cercano di contare l’infinito.

Oltrepasso il portale centrale, nel contrasto tra luce ed ombra ci perdiamo, ma nel silenzio del culto, madre pietra m’abbraccia, vestita di tinte morenti e traboccante di sacralità. Lo sguardo risale lento lungo il marmoreo intarsio cosmatesco pavimentale, l’ambone, i plutei, fino al ciborio nella conca absidale, fuoco scenico, che riluce di santi bizantini nel tratto.

La bellezza del turbamento, del tutto e del nulla, e mi sono chiesta se fosse più intenso il mio guardare, o ciò che celava il tuo sguardo impaurito.

E le colonne di spoglio della cripta come una piccola foresta incantata, alberi dalla chioma parlante, valenza apotropaica in simboli scolpiti da mani sconosciute, rozza e primitiva rappresentazione del male, e sentire che tutte le volte questo bosco mi rapisce e mi tiene ben stretta, legata e innamorata. Mi sussurra di suggestioni e di piccole verità che a pochi può svelare, frammentate nelle fughe prospettiche nella quale si vaporizza la poca luce delle monofore, custode del mistero della morte.

Accarezzandoti sentire il contrasto tra il desiderio della carne e l’irrealtà del sentimento… e nel silenzio assoluto, far sgorgare una preghiera da un luogo sconosciuto dentro di me, che segue percorsi impervi e che trasale  ogni volta che con lo sguardo abbraccio una colonna, per seguirne l’ascesa verticale nelle nervature delle volte.

 

Nel paradiso di quelli come me, che non amano il dio ma il divino creato e celato nel “timor di dio”, c’è una cattedrale romanica vestita di rude pietra tufacea e di marmoreo bianco avorio, che non ha campane perché risuona da se, nell’eco della sua immagine che arriva  lontana. Distratta e nuda, ritaglia il suo profilo su di un fondo azzurro e brillante, dove l’orizzonte li confonde e ci confonde.

 

 

 Duomo-Trani

 

 

 

  

 Duomo-Trani

 

 

 Duomo-Trani

 

 

  

 Duomo-Trani

 

 

 Cattedrale -Barletta

 

 

 

 Cattedrale -Barletta

 

 

 

S. Pietro-Bisceglie (prov.Barletta-Andia-Trani)

 

 

 

S. Sabino-Canosa (prov.Barletta-Andia-Trani)

 

 

 

  Santa Maria Assunta-Troia (Foggia) 

 

 

Fortezza-Lucera (Foggia)

 

 

 

Fortezza-Lucera (Foggia)

 

 

 

Castello-Manfredonia (Foggia)

 

 

 

Castello-Manfredonia (Foggia)

 

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

  

  Tomba di Rotari-Monte Sant'Angelo (Foggia)

 

 

    (San Leonardo-Siponto (Foggia)

 

 

 

            

Martina Franca (Taranto)

 

      

San Pietro mandurino-Manduria (Taranto)

 

 

 

Arte rupestre-Mottola (Taranto)

   

 

 

 

  

      Taranto   

 

 

          

  cripta cattedrale Taranto

 

 

 

        

 

 

  Matera  

 

 

 

 

  Matera   

 

 

 

  Matera  

 

 

 

  Matera  

 

 

 

  Matera 

 

 

 

  Matera  

 

 

 

  Matera  

 

 

 

  Matera

 

 

           

Matera

 

 

         

   Matera

 

 

   Venosa (Potenza)